mercoledì 29 aprile 2020

Gli impulsi turbolenti del peccato-STEP#12 (prima parte)

Agostino d'Ippona, noto come Sant'Agostino, visse poco prima dell'avvento di quell'epoca che passò alla storia come Medioevo nonostante sia tuttora considerato uno dei massimi esponenti della filosofia medievale.
Egli, oltre che pensatore anche teologo e vescovo, scrisse una serie di epistole, destinate a un folto gruppo di personaggi del tempo che ci permettono di conoscere la sua vita, la sua influenza e la sua dottrina.
Sant'Agostino, Antonello da Messina, 1472-1473,  Galleria Regionale
di Palazzo Abatellis, Palermo


Ho riportato qui una parte della Lettera Sesta in cui il filosofo sferra un forte attacco ai desideri e agli impulsi che corrompono il corpo e, soprattutto, lo spirito.

"Chi non vedrebbe queste cose? Chi potrebbe contraddire questa verità del tutto evidente, se non uno dominato dalla più sfrontata ostinazione? Restano dunque due ipotesi: o nel paradiso terrestre non esisteva tale concupiscenza della carne - che noi sentiamo eccitarsi contro la nostra volontà […] oppure, secondo l'altra ipotesi, se esisteva nel paradiso terrestre siffatta concupiscenza della carne, non era certamente in ogni caso tale quale la sentono adesso, con tutta la sua molestia e il suo fastidio. […] Anche se non acconsentiamo affatto ai suoi impulsi turbolenti, ma piuttosto li combattiamo, tuttavia, spinti da un desiderio più santo, vorremmo - se fosse possibile - che fossero assolutamente assenti come lo saranno un giorno. È proprio questo il bene perfetto […] L'Apostolo di certo non faceva il male con l'offrire le sue membra per appagare i cattivi desideri, ma diceva ciò degli impulsi della concupiscenza; sebbene egli non acconsentisse a quei desideri né facesse il male a cui lo stimolavano, tuttavia faceva il male in quanto aveva quegli impulsi che non avrebbe voluto avere. In effetti egli aggiunge:” Ora, se faccio quel che non voglio - cioè: sebbene io non acconsenta alla concupiscenza, non voglio tuttavia avere desideri passionali pur avendoli - non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.”

Il filosofo, dunque, collega il concetto di impulso a quello di desiderio e, in particolare, alla concupiscenza, dalla quale l'uomo cristiano deve discostarsi in modo da condurre una vita priva del peccato. La necessità di appagare un desiderio puramente carnale è tipica della vita terrestre degli esseri umani. 
E' a tal proposito che il buon cristiano non deve lasciarsi sopraffare da certi impulsi e slanciarsi già verso quella vita che condurrà in Paradiso,  della quale la concupiscenza non farà più parte.


Peccato originale e cacciata dal Paradiso terrestre, Michelangelo Buonarroti,
ca. 1510, Cappella Sistina, Città del Vaticano
Linkhttps://www.augustinus.it/italiano/lettere/lettera_286_testo.htm

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