giovedì 30 aprile 2020

Hobbes e l'impulso di autoconservazione-STEP#12(seconda parte)

Thomas Hobbes, filosofo e matematico britannico, vissuto tra fine del Cinquecento e fine del Seicento, fu sostenitore del giusnaturalismo e autore dell'opera di filosofia politica Il Leviatano.
E' su quest'ultima e su una sua precedente trattazione, il De Cive, che mi soffermo per analizzare sotto un'altra luce l'impulso, dal momento che non solo Hobbes ma anche molti filosofi successivi ripresero e trattarono tale tema, al fine di giungere a verità generali.
Thomas Hobbes
Il passo che qui presento è tratto dal De Cive, composto nel 1642, nel quale il filosofo si sofferma sulla differenza tra stato di natura e stato civile.
Egli basa la sua trattazione su due postulati:
-la bramosia naturale che spinge l'uomo, mosso da pulsioni egoistiche, al voler godere di beni che dovrebbero essere comuni;
-l'impulso all'autoconservazione, in quanto l'uomo considera la morte il peggiore dei mali e la sfugge in ogni modo.
Queste sono le due caratteristiche insite nell'uomo sin dallo stato di natura.

Egli scrive, infatti:
Frontespizio dal De Cive, ad opera di
Jean Matheus, incisore
"Poiché tutti concedono che è fatto a diritto quel che è contro la retta ragione dobbiamo ritenere fatto a torto quel che ripugni alla retta ragione (cioè quel che contrasta con qualche verità ricavata da principi veri mediante un retto ragionamento); ma quel che è fatto a torto diciamo che è un atto contrario alla legge.
Dunque la retta ragione è per così dire una legge che si può chiamare anche naturale (perché fa parte della natura umana allo stesso modo di qualsiasi altra facoltà o sentimento). Orbene, la legge naturale è, a volerla definire, un dettame della retta ragione riguardo a quel che si deve fare o tralasciare per conservare la vita e le membra quanto più a lungo possibile."

L'autoconservazione, dunque, detta il comportamento di tutti gli uomini, spingendoli a terribili azioni al fine di preservare la propria vita. 
In definitiva, per Hobbes è "bene" ciò che favorisce tale impulso ed è "male" tutto ciò che lo ostacola. Il filosofo non indica dei valori morali assoluti in quanto la sua è un'etica relativistica.

Bibliografia: De Cive, Thomas Hobbes, 1642, Aragno.

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