Johann Gottlieb Fichte, filosofo tedesco, continuatore del pensiero di Kant e uno degli iniziatori di quella corrente filosofica che prenderà il nome di
Idealismo, riflette all'interno di una delle sue opere, "
Il sistema della dottrina morale" (1798), sul concetto di impulso.
In particolare si sofferma su una distinzione specifica: impulso naturale e impulso puro.
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Johann Gottlieb Fichte |
"L'impulso naturale si rivolge a qualcosa di materiale solo in vista della materia; al godimento per il godimento; l'impulso puro si rivolge invece all'assoluta indipendenza dell'agente come tale da quell'impulso naturale: alla libertà per la libertà... [Tuttavia] io non faccio realmente, né posso mai fare, qualcosa che non sia richiesto dall'impulso naturale, perché in esso si esaurisce l'intero mio possibile agire... [Pertanto] l'intenzione, il concetto nell'agire mira alla completa liberazione dalla natura, ma che l'azione sia e rimanga conforme all'impulso naturale... è la conseguenza della nostra limitazione. [...] L'unico fondamento che determina la materia delle nostre azioni è quello di liberarci dalla nostra dipendenza dalla natura, sebbene l'auspicata indipendenza non si realizza mai. L'impulso puro tende all'indipendenza assoluta, l'azione è ad esso conforme se anch'essa mira alla stessa indipendenza, se cioè si trova in una serie dalla cui continuazione risulterebbe l'indipendenza dell'io. [...] Ma l'io non può mai diventare indipendente fintanto che dev'essere io: perciò lo scopo finale dell'essere razionale sta necessariamente nella infinità ed è uno scopo che non si può mai raggiungere, ma è tale che ci si debba Incessantemente approssimare ad esso in forza della sua natura spirituale."
Fichte, Il sistema della dottrina morale
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